NBA Playoff preview: le 8 serie del primo turno

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Golden State Warriors (3) vs Denver Nuggets (6)

La stagione regolare dei Golden State Warriors si è conclusa con una flessione in discesa in termini di risultati e performance. Dopo l’All-Star Game hanno registrato l’undicesimo peggior record nella lega (11-12). Nel medesimo periodo l’efficienza difensiva, uno dei cardini delle prestazioni di squadra, ha perso ben 7.1 punti (da 104.6, primo in NBA, a 111.7, settimo). Gli infortuni sono stati una aggravante, ma Steve Kerr ha saputo ricreare un sistema che fonda su giovani e veterani, inserendo quando disponibili una delle sue stelle o una combinazione di queste. Perché Stephen Curry, Klay Thompson e Draymond Green hanno condiviso il campo soltanto per 11 minuti in questa stagione.

Con lo status del primo ancora da determinare per gara 1 (molto probabile il suo impiego con restrizione di minutaggio), ad ogni modo Steve Kerr potrà di nuovo presentare quell’arma letale offensiva che rende il flusso di gioco estremamente più godibile e proficuo. Mentre il ritorno di Draymond Green è l’elemento scatenante per la prestanza difensiva, e primo soggetto indicato a rallentare il gioco di Nikola Jokic, soprattutto spalle a canestro dove produce maggiormente per sé e per i compagni. I Golden State Warriors tornano ai playoff dopo tre stagioni di assenza, guidati dallo stesso core di giocatori protagonisti della dinastia del recente passato. I principi, oltre la già citata difesa (primi per minor percentuale dal campo concessa dal midrange e da tre punti esclusi gli angoli), restano il movimento di giocatori (primi nella lega per tagli e uscite dai blocchi) e di palla (primi per canestri dal campo assistiti).

Il famoso motto strength in numbers è ancora efficace. Nei momenti di assenza, gli Warriors hanno trovato risposte da nuovi giocatori. A partire dall’esplosione di Jordan Poole, reduce da un mese di marzo da 25.4 punti con il 49.5% dal campo ed il 44.4% da tre punti. Sarà interessante seguire come evolverà la sua produttività in atmosfera da playoff, ancor più dal momento che Steve Kerr avrà i suoi Big Three a disposizione, adattando l’impiego di Jordan Poole, che potrà però trovare maggior spazio per attaccare quando condividerà il campo con Curry e Thompson.

I Denver Nuggets, nonostante le assenze a lungo termine di Jamal Murray e Michael Porter Jr, hanno resistito e per il quarto anno consecutivo sono rientrati tra le prime sei squadre della Western Conference. Nel periodo dopo la pausa per l’All-Star Game hanno mantenuto una lineare continuità di risultati. In soltanto un’occasione hanno subito più di due sconfitte in fila. La luce di Nikola Jokic ha indicato la strada, autore di una stagione senza precedenti statistici. Il primo quesito riguarda la sua tenuta fisica, dopo 74 gare a tenere a galla una squadra che ha fatto a meno del suo nucleo di maggior talento. Il secondo deriva dal necessario aiuto da parte del cast di supporto attorno a lui. Le assenze intaccano la profondità del roster, ma se i Nuggets sono arrivati sino a qui, lo devono anche a giocatori che hanno elevato il proprio rendimento offensivo.

La squadra di Michael Malone tende a giocare al ritmo dettato da Nikola Jokic, prettamente da situazioni statiche come ricezioni dal gomito o post up (primi in entrambe le situazioni per frequenza). Attorno a lui si alimenta il movimento dei compagni, pur mantenendo dei tiratori negli angoli, una delle location preferite dai Nuggets per concludere da dietro l’arco (quinti per tentativi a partita). La chiave della serie sarà dettata dagli assetti che riusciranno ad arginare l’attacco dei Golden State Warriors, presumibilmente con quattro piccoli attorno a Nikola Jokic, che però potrà essere forzato a uscire dall’area.

In questo caso, la primaria risposta a questa situazione è fare in modo che Aaron Gordon sia il destinatario di questa strategia. Da sempre è affermato come uno dei lunghi con ottima abilità nel cambiare contro le guardie. Perciò, si troverà spesso a difendere su Stephen Curry e Klay Thompson, pur potendo fornire lo stesso livello di qualità contro un giocatore come Draymond Green. In aggiunta, forse per la prima volta in carriera, Aaron Gordon è realmente in grado di essere un fattore in attacco. La presenza ed il genio di Jokic agevolano il lavoro, ma ha dimostrato di come il lavoro sui fondamentali gli abbia permesso di aver migliorato di 4.8 punti il bottino offensivo rispetto alla passata stagione con i Denver Nuggets (da 10.2 a 15.0). Aaron Gordon potrà così rappresentare l’equilibratore sia quando Jokic è in campo che quando è fuori.